Sauro BORELLI- Il Re Sole e la Giardiniera (“Le regole del caos”, un film di Alan Rickman)

 

Il mestiere del critico


IL  RE SOLE E LA GIARDINIERA

 

“Le regole del caos”, il nuovo film di Alan Rickman

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I film in costume – specie se datati in epoche fastose – destano spesso diffidenze e perplessità diffuse, dal momento che vicende, personaggi che li animano (sia realmente esistiti, sia frutto di ingegnose fantasie) tendono a prospettare storie, situazioni largamente opinabili. Ovvero, per quanto allettanti nella loro eccezionalità (o esemplarità) lasciano consistente spazio alla più rigorosa valutazione critica. E poi, non bastasse tanto, un racconto dai vaghi contorni desterebbe immediati i rilievi di considerazioni non proprio lodevoli. Detto ciò, può capitare anche che un autore (un cineasta, ad esempio) particolarmente scafato riesca con le proprie risorse immaginarie e una ben sperimentata esperienza tecnica-espressiva a cogliere il bersaglio grosso di un’opera compiutamente riuscita.

È questo il caso del nuovo film dell’inglesissimo attore e regista teatral-cinematografico Alan Rickman – già salito alla più vasta notorietà per il ruolo del grintoso, luciferino Severus Piton (nel travolgente Harry Potter) – che, mettendo da parte ogni cautela si avventura, per il suo secondo film da regista e da interprete (nella parte temeraria di un bizzoso Luigi XIV, il Re Sole) intitolato originariamente Little Chaos e nella versione italiana Le Regole del Caos, sovvertendo del tutto il senso della simbolica traccia narrativa.

Fulcro e progressione drammatica si caratterizzano, ne Le Regole del Caos, secondo uno schema disinibito ove la intraprendente vedova di scarse sostanze Sabine de Barre, spinta dalla sua smodata passione per i fiori e le piante si presenta al cospetto del severo Luigi XIV determinata, anche grazie alla malleveria del giardiniere di corte André Le Notre, a far valere la sua maestria. L’atteggiamento risoluto della energica signora impressiona subito i suoi aristocratici interlocutori. Tanto da strappare la committenza di una sontuosa arena fiorita nel bel mezzo dell’incipiente costruzione della monumentale Versailles.

Naturalmente, l’intrusione resoluta di Sabine de Barre desta nel cerchio conformista dell’entourage regale contrasti e ostacoli serrati, ma la bella signora in questione, ormai in dolce armonia con André Le Notre, prodigando energie e sapienza pratica, riesce, alla distanza, ad aver ragione di tutti gli impedimenti. Fino al coronamento contemporaneo della propria realizzazione fiorita e del suo gratificante legame sentimentale. Dunque una bella favola, ove secondo i dettami della più convenzionale storia a lieto fine si sublima in uno spettacolo elegante, sofisticato, ma mai banale o fatuamente gratuito.

Alan Rickman, tanto come attore di gran mestiere, quanto quale regista di mano sicura, esprime ne Le Regole del Caos un tono, un ritmo quasi sincopato disegnando una meccanica degli alterni momenti drammatici sapidamente azzeccata e del tutto convincente. Del resto interrogato sulle fisionomie e il senso dei suoi personaggi, Alan Rickman spiega con semplicità: “Come tutti i sovrani Luigi XIV non aveva scelta, era venerato da tutta la corte, anche quando dormiva … ho studiato molto il personaggio e ho provato a renderlo umano”. Quanto a Sabine de Barre: “È un personaggio inventato. Sarebbe stato impossibile che esistesse realmente una donna con quel temperamento nell’Ancien Regime”.

Giusto riguardo all’originale vicenda de Le Regole del Caos e dei personaggi su cui si articola è da sottolineare il fatto che soltanto con un team di attori quali quelli campeggianti nell’intiero film – da Kate Winslet a Alan Rickman, Mathias Schoenaerts e a Stanley Tucci – è stato certo agevole giungere in porto in modo davvero brillante e persuasivo. Non è poco.

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