Mario SAMMARONE- L’incontro. Teodoro Synghellays “La sinistra di Tsipras”

L’intervista*

TEODORO SYNGHELLAKYS  “LA SINISTRA DI TSIPRAS”

A proposito di un recente volume di Bordeaux Ed.

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Lo scorso sabato il ministro delle finanze greco Yannis Varoufakis ha annunciato che nelle casse dello stato sarebbero rimasti solo due miliardi di euro. A ciò è seguito un nuovo ribasso della borsa di Atene e l’acquisizione da parte del governo greco della liquidità degli enti locali, al fine di pagare gli stipendi e le pensioni di aprile, tra le dichiarazioni allarmate delle principali istituzioni finanziarie che hanno auspicato una rapida accelerazione delle riforme.

Abbiamo parlato dell’esplosiva situazione greca con Teodoro Synghellakys, giornalista e corrispondente romano della radiotelevisione Alpha, nonché autore di un libro intervista all’attuale premier Alexis Tsipras, “La mia sinistra – intervista ad Alexis Tsipras” (Bordeaux ed., 2015), preparato durante i mesi della lunga campagna elettorale che ha portato l’allora leader di Syriza a diventare capo del governo.

Synghellakys, in un editoriale apparso sul Sole 24 Ore, Alessandro Plateroti ha scritto come nessuna crisi sia durata a lungo come quella greca, aggiungendo che è stato più facile rimettere in carreggiata le economie di Irlanda, Islanda e Portogallo che avviare un discorso costruttivo con il governo greco.

Perché è così difficile risanare la Grecia?

In Grecia è stata applicata una ricetta molto estrema che ha distrutto gran parte dell’economia e che ha messo in difficoltà la classe media del paese, ridimensionandola in maniera molto evidente. Si è anche voluto punire la Grecia per rimettere in riga tutti gli altri paesi, specialmente quelli mediterranei, creando una fortissima sofferenza sociale. L’agenda del governo, determinata da questo clima, è andata in contrasto con quelle che erano le ricette della troika, impedendo così nuovi tagli alla sanità, all’istruzione e allo stato sociale. Secondo me è un rapporto di causa-effetto molto chiaro, cinque anni di austerità non hanno portato nessun vantaggio.

Nel suo libro intervista, il premier Tsipras ha criticato le politiche di austerity come controproducenti e deleterie per gli interessi dei cittadini. Cosa ne pensa?

La cosa più singolare è che i cittadini greci al principio erano abbastanza ben disposti ad accettare i sacrifici, ma dopo una prima, una seconda e una terza decurtazione dei loro stipendi e delle loro pensioni, questo scenario è sembrato non avere più fine. Umiliata psicologicamente, la gente ha cominciato a pensare che si trattasse di un circolo vizioso da cui non poteva più uscire, come se la Grecia dovesse pagare un peccato originale e dovesse essere perciò rieducata. La Grecia ha dovuto anche sfatare quel falso mito secondo cui il nostro sarebbe quel tipo di popolo mediterraneo pigro, svogliato e che passa tutto il giorno a casa a riposare. In realtà, le ultime statistiche riportano che i greci sono uno dei popoli che in Europa lavora più ore a settimana.

Il governatore della Bce Mario Draghi ha detto che se la situazione greca non verrà risolta, l’Europa si ritroverà in acque inesplorate. Quanto sono profonde queste acque?

Oggi il rischio contagio per i paesi del sud Europa, come l’Italia, è molto meno forte rispetto al 2011, quando la Grecia – di fronte alle pesanti ricette di austerity – non volle forzare la mano e uscire dall’Euro, trascinando nella crisi la metà dei paesi membri. Il problema è un altro, se la Grecia dovesse uscire si mostrerebbe il fallimento del processo di integrazione europea, senza contare il fatto che l’Europa in questi anni si è allargata un po’ troppo per tenere stretti tutti i suoi pezzi.


Con il destino del suo paese si gioca il futuro dell’Europa?

Credo di sì. Un’uscita della Grecia, indipendentemente da una tenuta dell’euro, potrebbe dare fiato a quelle parti di opinione pubbliche secondo cui è più vantaggioso stare da soli e avere una moneta propria nazionale, in modo da gestire eventuali svalutazioni. Non vorrei sembrare anti-europeista, perché non lo sono – sono per una maggiore coesione politica, maggiore coesione fiscale e per maggiore solidarietà – sto parlando solo delle possibili conseguenze.


Tsipras ha proposto che la Germania debba pagare alla Grecia i debiti di guerra, valutati intorno al 10% del Pil tedesco. Non le sembra una proposta un po’ eccessiva?

In realtà, in passato hanno preso posizione su questo anche esponenti del partito socialista e del partito conservatore di Nuova Democrazia. Mi sembra che non ci possano essere due morali: se la Germania dice che la Grecia deve pagare tutto senza cambiare nessuna condizione impostale quando le furono assegnati i prestiti, allo stesso modo la Germania deve pagare i danni che ha perpetrato il regime nazista. Anche l’Italia ha pagato i suoi debiti con la Grecia, penso lo debba fare anche la Germania. Vedremo cosa accadrà, ma è qualcosa che serve anche per riequilibrare la situazione: i greci non possono stare eternamente sul banco degli accusati.

In una recente intervista al quotidiano tedesco “Andeslblatt”, l’ex premier italiano Enrico Letta, auspicando un rapido risanamento per la Grecia, ha aggiunto che questa operazione non è facile con un ministro delle finanze come Yannis Varoufakis. Si è sentito parlare spesso di una possibile sostituzione di Varoufakis, il quale si è imposto all’attenzione della cronaca anche per una patina glamour che lo circonda. Come giudica il lavoro del ministro delle finanze?

Lo potremo giudicare alla fine quando ci sarà un accordo. Non penso che in questo momento Varoufakis possa essere sostituito, almeno fino a quando non sarà chiaro se ci sarà una situazione di compromesso oppure se ci saranno nuove elezioni o un referendum. E poi non credo che in una fase così delicata di trattative Tsipras possa privarsi di quello che è il ministro più in vista della sua compagine, senza contare il fatto che l’azione politica di Varoufakis è del tutto in linea con quella del governo greco.


La Grecia rappresenta l’aurora della civiltà e del pensiero europeo. Perché l’Europa non può fare a meno di essa?

Il popolo greco ha sempre avuto, anche dopo lo scoppio della crisi,  una grande partecipazione alle vicende sociali e democratiche. L’orizzonte del sociale e del divenire politico, che poi si aggancia alla dimensione del logos, è da noi ancora molto vivo. Secondo me la Grecia è una sfida per dimostrare che l’umanità può vincere i suoi problemi quando non usa solo la parte fredda e distaccata della sua intelligenza. Non si può ragionare solo in base a dei numeri freddi e limitati quando è in gioco la variabile umana – come d’altra parte non si può ragionare solo in base ad elementi emotivi. L’Europa vuol dire anche cultura, apertura mentale, storia, accoglienza e un insieme che non può essere ridotto a cure da cavallo di stampo neoliberista. La vocazione dell’Europa è quella di un umanesimo e di una condivisione dei bisogni dell’altro, nonché della difesa dei diritti umani che senza uno stato presente non si può fare. (*ilgarantista.it)

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