Giuseppe ARDIZZONE- Io Racconto. Corrida

 

Io  Racconto

 

Premetto. Questo breve racconto è stato scritto molti anni fa in chiave di narrazione antropologica . Non prende pertanto le parti di nessuno dei protagonisti : né del toro né del torero,né del pubblico. Buona lettura!

 

CORRIDA

L’arena era piena di gente che aspettava l’imminente corrida.

In Spagna, la corrida rappresenta la sfida di un uomo co

L’arena era piena di gente che aspettava l’imminente corrida.

In Spagna, la corrida rappresenta la sfida di un uomo co

L’arena era piena di gente che aspettava l’imminente corrida.

In Spagna, la corrida rappresenta la sfida di un uomo contro il toro. Nel torero,la folla vuole vedere un uomo capace di combattere il toro  senza averne paura. Un uomo  che faccia giostrare il toro attorno a sé, beffandolo ad ogni carica.

Delle persone, vicino a me, discutevano sui tori. Nell’aria tersa scoppiavano mortaretti ed il suono delle voci indistinte sembrava il rombo di un ‘aeroplano.

Alcuni dicevano che i tori erano buoni. Che erano bassi e tarchiati e con delle corna  dure e piccole; ma, altri diceva  che , pur potenti e veloci fossero, Paco, il torero, li avrebbe fatti giostrare ed uccisi elegantemente.

Il sole scottava i volti della gente e splendeva alto nel cielo azzurro. Alcuni avevano comprato delle noccioline, prima di entrare nell’arena,  ed ora le mangiavano  in attesa dell’entrata dei toreri.

C’erano parecchi turisti  che scattavano fotografie. Faceva un gran caldo e molti si toglievano le giacche; il venditore di cappelli, quel giorno, avrebbe fatto di certo affari. Qui e là si accedevano delle controversie. I fortunati  si erano scelti  i posti più vicini all’arena  in modo da vivere lo spettacolo quasi direttamente.

Nell’aria c’era un senso d’attesa. Domandai  ad un mio vicino chi fosse Paco ed egli mi rispose che era un torero  dallo stile spavaldo e temerario; ma, nello stesso tempo, elegante .

Un idolo della folla!

Si udirono degli squilli di tromba. L’ingresso dell’arena si aprì facendo entrare nello spazio sabbioso gli Alguaciles, che conducevano solennemente i loro cavalli bardati. Ad un metro circa di distanza, li seguiva  la Cuadrilla con al centro , nel suo sfolgorante costume rosso, Paco, l’Espada, che si ergeva  in tutta la sua elegante e slanciata figura.

La folla era impaziente. Osservai i miei vicini. Avevano  gli occhi fissi sull’arena  ed i visi bruciati , storti in una smorfia d’attesa e d’apprensione.

La Cuadrilla si era allontanata  dal centro dell’arena. La folla ammutolì di colpo. Tra poco  il toro sarebbe entrato come una vaporiera imbizzarrita.

Un grido percorse l’arena in tutta la sua ampiezza. Il toro era entrato correndo.

Rapidi i Banderilleros entrarono in azione, agitando i loro mantelli scarlatti davanti al muso  della bestia  per farla innervosire. Subito dopo , fecero il loro ingresso nell’arena  i Picadores , sui loro cavalli bardati,reggendo in mano la lunga Pica. Uno dei Banderilleros agitò la cappa dinanzi al toro…..Quello  calò la testa e caricò….Aveva il rosso negli occhi e vedeva sempre più vicina la cappa  agitata che lo innervosiva…Eccola!…Eccola!

Ad un tratto  la cappa sparì ed esso  si trovò  a tu per tu con i Picadores.

Pancho, il Picador, osservava il toro.Prese la mira e calò la Pica sul dorso del toro, appoggiandovisi con tutte le sue forze. La bestia , però, aveva ormai toccato il ventre del cavallo  e l’aveva squarciato. Ora, le budella dell’animale uscivano fuori dalla ferita. Era uno spettacolo rivoltante; ma , la folla vedeva solo il toro ed il Picador. Un cronista, vicino a me,  scriveva sul bloc notes che , finora, lo spettacolo non aveva offerto niente d’eccezionale. Ora, il toro era  stato lasciato solo , al centro dell’arena. Dalle sue narici usciva il fiato , misto a polvere .

Entrarono  quindi i Banderilleros, ciascuno con due aste di legno, le banderillas, munite di fiocchi  e rivestite di carta colorata ma con la punta in acciaio.Si fece avanti il primo e corse  incontro al toro. Questo caricò e, quando sembrava che l’animale  stesse per colpirlo, il banderillero piantò  nel dorso del toro le aste e , facendo leva su di esse, si sollevò e  scartò di lato. Gli altri  fecero la stessa cosa. Alla fine , la bestia si trovò con le banderillas piantate nel dorso. Cercò di smuoverle, ma le punte d’acciaio erano entrate a fondo nella sua carne. .La cosa lo innervosì ancora di più. Ora, il cronista scriveva  che i banderilleros erano stati  molto bravi e avevano svolto il loro compito con maestria.

Il toro era fermo ed ansava.

Le trombe squillarono e Paco, l’Espada, entrò nell’arena tenendo in mano la muleta e lo stocco e fu salutato da un lungo e consistente applauso. La sabbia  si alzava in nuvolette giallastre dietro i suoi passi.Egli guardava ai lati della pista. Dietro le staccionate robuste, Paco  intravedeva  gli altri toreri  pronti ad ogni evenienza. Osservò la folla che lo acclamava e pensò che essa voleva da lui uno spettacolo senza risparmio di energia e d’audacia. Voleva provare  il brivido per il rischio continuo della vita che lui avrebbe corso e pensò ancora che , se egli non l’avesse accontentata, gli stessi che ora l’acclamavano lo avrebbero , in seguito , deriso e criticato.

Ora , il toro era fermo dinanzi a lui. Dal collo gli colava  il sangue vermiglio che, cadendo sulla sabbia, si mescolava ad essa macchiandola di un colore bruno. Gli occhi bovini lo fissavano; erano rossi dalla rabbia.La bocca era piena di bava schiumosa.

Ora era lì davanti a lui. Era una sfida, una sfida a morte. Paco lo sapeva, si ripeteva ogni domenica. I  muscoli dell’animale affioravano sotto la pelle e sembrava volessero schizzar fuori. Il suo corpo era pervaso da un tremito di collera. Era massiccio sulle zampe.

La folla , adesso , stava silenziosa e aspettava.

Paco si mosse. Il suo passo era lento e deciso. Sollevò la  muleta che , piegata in alcuni punti, assumeva un colore violaceo.

Incitò il toro…………incitò ancora.

Quello abbassò la testa e caricò. Caricava diritto al corpo di Paco. Ora egli lo vedeva sempre più vicino avvolto in una nuvola di polvere gialla.

Paco si mosse lentamente di lato ed il suo fianco  sfiorò le corna  del toro nella sua corsa , mentre la muleta si drizzava tesa sul corpo dell’animale.

La folla gridò ……Ooolé!

Ed ogni volta il toro caricava e si lanciava  nel vuoto  accompagnato da un sonoro ….Ooolé!

Sembrava quasi che il toro fosse fuori posto nell’arena. Paco lo trattava come se non avesse  nessuna importanza e lo evitava quasi con insofferenza.

La sua condotta, così temeraria e spavalda, faceva impazzire la folla!

Il cronista , vicino a me, scriveva emozionato  :” non si era mai visto uno spettacolo simile dai tempi di Belmonte e Manolete”.

Ora, Paco  aveva impugnato lo stocco. Era l’ultimo passaggio del toro. Il silenzio entrò nell’arena e ammutolì la folla. Gli occhi di tutti fissavano l’uomo e la bestia . Uno davanti all’altra su quella terra giallastra. Paco agitò la muleta. Il toro caricò ancora……………….Uno……due passi…….un passo indietro……..e alzò la muleta mentre la bestia passava. Ora era lì sotto il suo sguardo  e per un attimo era lui , Paco, ad averla lì tutta per sé… Mirò ….. e subito dopo lo stocco era entrato completamente nellla carne del toro , fra la collottola e la spalla……………………………………

Il toro rimase fermo….., istupidito.

La folla esplose in un boato e ,come se fosse stato ucciso da quel suono, la bestia piegò le ginocchia e cadde al suolo, mentre Paco alzava  il braccio destro al cielo ,in segno di vittoria , fra le grida e gli applausi della folla.

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-In alto, un dipinto di Edouard Manet

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