Francesco NICOLOSI FAZIO- Ex Poe (uno spettacolo di Eliana S.Esposito di scena al Teatro del Canovaccio, Catania)



Lo spettatore accorto


 

EX-POE.

“Un po’ di Poe”  di Eliana Silvia Esposito.   Dai racconti di Edgar Allan Poe: 1) Il Barile di Ammontillado; 2) Imprimatur; 3) La caduta della casa Usher; 4) La verità sul caso Valdemar.   Regia: Simone Luglio (1,2); Nicola Alberto Orofino (3,4).   Con: Daniele Bruno; Carmela Buffa Calleo; Giuseppe Carbone; Salvo Musumeci; Giovanni Santangelo.   Ass. Regia: Gabriella Caltabiano, Luci: Ramon, Ass. aiuto regia e foto di scena: Graziana Inzerilli.    Teatro del Canovaccio. Catania

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Età di passaggio. Intorno ai vent’anni, sulla soglia della vita, si era attratti dal macabro di Poe. Affacciati sul crinale dell’esistenza, nel momento delle scelte, si leggevano i suoi racconti e si godevano su Linus “grafic novels” come: “Il delitto della via Morgue”, Usher e Ammontillado. Anche oggi i giovani di quell’età cercano, nella vita, un rapporto con la morte, magari con gesti estremi o trasgressioni fatali. Vincere la paura della vita, ostentando l’irrisione della morte.

Le trame: 1) Per vendicarsi di una presunta offesa un nobile mura vivo il suo rivale (con accompagnatori), grazie alla promessa di mostrare un barile del vino del titolo. 2) Genio pittorico, novello Barbablù, imprigiona nei suoi quadri le sue mogli. Scoperto imprigiona in un quadro se stesso (Wilde copiò?). 3) Due fratelli nobili vivono rinchiusi, nel terrore di una morte presunta che potrebbe seppellirli vivi. La sorella “riesce” nell’intento, ottenendo una bella tumulazione “pre-mortis”. 4) Ciarlatano sconfigge la medicina ufficiale prolungando la vita di un paziente per due anni. Alla fine il paziente, pur morto, si ripresenta all’adorata moglie.

Anche se in un suo racconto i corvi gracchiano: “never more, never  more”, sembra quasi che per Poe ci sia comunque un dopo, ed il limite tra  la vita e la morte sia sottile e reversibile. Forse per questo l’orrido ci attrae. Come le montagne russe che ci “fanno morire” pur sapendo che è un giuoco. Ragazzi per sempre.

Già nella scelta dell’ampia produzione di Edgar, Eliana fa una cernita (ex-) che riconduce alla vita, al rapportarsi con essa, all’impossibilità di vivere o di rappresentare l’esistenza. Tema di costante presenza nel teatro europeo. In questo bisogna segnalare che quasi tutti i racconti di Poe sono ambientati in Europa, in quanto alla sua epoca, non esisteva ancora una cultura americana. In controluce la rappresentazione macabra (“altro è parlar di morte, altro è morire”) diviene metafora della vita, perché “la nostra cultura ci insegna la paura della morte, che ci fa vivere come seppelliti vivi” (N.d.R.)

Un lavoro pertanto disumano. Che ha costretto gli attori ad una lunghissima maratona che però  ha mostrato tutti gli splendidi effetti. Due registi (motivo: l’arduo impegno) che hanno spremuto i prodigiosi attori lungo sentieri mai percorsi, o percorsi molto raramente, nella storia del teatro italiano. Aggiungendo loro autonome sfumature all’opera, già corposa, dello scrittore americano.

Con Simone Luglio che ha rafforzato il senso del “viaggio labirintico” che segna l’opera di Poe. Mentre Nicola Alberto Orofino ha pure rivisitato il testo con tratti da commedia, trame macabre, come se si parlasse d’altro. Entrambi i registi sono riusciti a tener il pubblico in bilico, lungo lo spartiacque tra orrore e verità, ma anche tra farsa e tragedia, come in un viaggio lungo un crinale che poteva, ad ogni angolo mostrare altri paesaggi ed altre “vedute”. L’incredibile che lo spettacolo claustro-fobico riesce ad aprire il cuore verso il mistero della vita, anche nel dopo. A noi ignoto.

Attori splendidi con padronanza di scena inumana. Per dovere di cavalleria dobbiamo innalzare Carmela Buffa Calleo a musa di questa rappresentazione: bella, forte e sentita. Soltanto perfetta.  Bravi tutti.  Un lavoro serio, da antologia,  “ex cathedra”, fatto a Catania, non a Milano, dove pensano al cibo..

Author: admin

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