Cristiana MARCHETTI- Giacomo, molto più di un Casanova (Appunti sul recente spettacolo di Cappuccio ed Herlitzka)

 

Teatro       Lo spettatore accorto



GIACOMO,MOLTO PIU’ DI UN CASANOVA

Il Casanova di Herlitzka.

Appunti sul recente spettacolo di Ruggero Cappuccio, interpretato da Roberto Herlitzka.  Teatro Arcobaleno di Roma

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Dietro il gusto della  seduzione, il libertinaggio, la sensuale passione per il femminile, Giacomo Casanova  racchiude  in  se un universo sconosciuto ai piu’.    Il  proverbiale  seduttore , menzionato da secoli quasi esclusivamente per le sue scorribande sentimentali,  svela in questo testo, brillantemente interpretato dal sempre  raffinato e versatile Roberto Herlitzka ,  una personalita’ complessa e sfaccettata.  Chi accosterebbe il nome del  piu’ irriducibile ‘tombeur de femmes’ a quello di Voltaire,Rousseau,Mozart che Giacomo conobbe personalmente  e con cui intrattenne relazioni e confronti ?

Eppure,“Storia della mia vita,”scritto interamente di suo pugno, ci apre pagine di un ‘esistenza  variegata,versatile,ricca di colpi di scena,di duelli ,di fughe dal carcere ,oltre che una rara testimonianza del costume , della borghesia e nobilta’ del ‘700.   Giacomo attratto dalle arti magiche,Giacomo suonatore di violino, impensabile promotore di una lotteria nazionale in Francia, spia,scrittore ,poeta.

In un dimesso e scolorito abito che niente piu’ ha in comune con gli antichi tessuti fastosi della sua giovane eta’,Casanova (che, diversamente dal mitico Don Giovanni, non collezionava ma amava perdutamente le ‘sue’ donne) si ritrova in una sperduta stanza di un castello boemo.  E’ una serata di festa a corte,ma egli lontano dal clamore,scarno,pensieroso,rimuginante,si ritrova seduto, illuminato da luci tenui,circondato da cinque figure femminili immobili,raffinatamente sensuali,che lo circondano mute ,immobili,adagiate su bianchi sgabelli,ciascuna con un mazzo di fiori,omaggio e ringraziamento-  forse- per ore di spensierata felicita’ amorosa.

Il testo di Ruggero Cappuccio si snocciola tra evocazioni  biografiche  e cambi repentini di posizione delle cinque fanciulle-bamboline-marionette,manovrate dagli invisibili fili del ricordo,  strizzate da corpetti e da ‘panier’ arricchiti di trasparenti veli , svelanti rotondita’ e morbide carni ,veli che di volta in volta renderanno la scenografia morbidamente movimentata in un gioco di trasformazione da gonna,a velo ,a sipario-   cangianti nei colori e nelle nuances.   Pioveranno fogli dalle mani delle ninfe velate ,fogli su cui Casanova scrive di se stesso,delle proprie parti piu’ intime e nascoste,quasi coriandoli bianchi come in un carnevale veneziano, come pezzi di vita , eterei e svolazzanti che cadranno a terra lentamente, senza rumore.

La “Straniera” , una bravissima ed impeccabile  Marina Sorrenti che gia’  aveva affiancato Herlitzka in “Il soccombente” sempre con la raffinata regia di Nadia Baldi,  sara’ la prima a parlargli ,a condividere con lui la sua infanzia , ad affiancarlo nel recuperare il ricordo dall’incontro con una fattucchiera,  che a sua volta lo avvicinera’ all’esoterismo, alla magia;  e che sara’ causa, in eta’ adulta, della persecuzione subita da Casanova  da parte dell’Inquisizione,  della sua reclusione e conseguente fuga dai Piombi di Venezia accanto al goffo e spaventato frate Marino Balbi, il cui ‘disegno’ scenico  strappera’  più un sorriso.

A turno,anche le altre quattro ottime interpreti -alle quali viene richiesto un completo controllo corporeo, dalla fissita’ piu’ assoluta al movimento controllato e scattoso,ottimamente espletato-  interagiranno nel ripercorrere le tappe gioiose ,avventurose,dolorose nel ricordo di una vita pericolosamente  vissuta tra piaceri carnali,riti magici e  scene di quotidiane attivita’ a corte, di sotterfugi amorosi,incontri clandestini ed infuocati.

Un ferale duello, scatenato da una banale litigio per la ballerina veneziana Anna Binetti, in cui Giacomo profondamente scosso,ferito, vedra’ scorrere il suo sangue rosso sulla neve; l’intrigante liaison con una suora compiacente, vengono narrati, sottolineati dai movimenti scenici del coro delle dolci donzelle,dagli spostamenti delle postazioni rotanti,dai gridolini sommessi, repentini,civettuoli,dalle boccucce protese,sensuali ed ammiccanti.

Di suo, lo  spettacolo  è   di bellezza delicata , forse a tratti un po’ troppo ‘descrittivista’ e non compiutamente empatico, caratterizzato dalla scelta registica di un’interpretazione piu’ autoironica che coinvolgente: esteticamente  piacevole  ed interessante per le  diverse angolazioni  e visualità  di registro con cui si guarda al personaggio principale.

Alfine a terra in ginocchio ,   le mani tra i fogli ,   la testa china  ,con alle spalle una bambola- donna calata da un drappo rosso di forte effetto,  Giacomo recitera’ il suo ultimo monologo ,quasi un ‘blade runner’  del passato. Tocco  elenco toccante ,questo sì, delle tappe non sempre gioiose che lo hanno condotto  a morire presso la  corte di Dux,nel 1798 , a 73 anni,fiaccato nel fisico,febbricitante, graziato dal tempo ,dopo una vita, per l’epoca ,di lunghezza anomala,quasi rarissima, piena,intensa, di quelle senza rimpianti, dai pallidi rimorsi  appena accennati..  perche’  anche l’errore, nell’esistenza umana puo’ avere grande potere catartico (tra riflessione e rigenerazione, come insegna Svevo).  Ed il bilancio di una vita vissuta (e non sprecata) e’ un ‘immensa consolazione. Il   conforto finale prima di abbracciare l’assoluto.

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