Sauro BORELLI- La falsa e vera vita (“La spia”, un film di Anton Corbijn)



Il mestiere del critico



LA FALSA E VERA VITA

 

“La spia”, il nuovo film di Anton Corbijn- Protagonista Philip Seymour Hoffman (nella foto)

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Doppiezza, ambiguità, sospetto, finzione e azzardo sono tutti termini che si attagliano perfettamente al nuovo film dell’eclettico cineasta olandese Anton Corbijn (suoi sono i pregevoli Control e The american) intitolato La spia – A most wanted man desunto, con un’abile sceneggiatura di Andrew Bovell, dal libro di John Le Carré Yssa il buono. Detto ciò, l’elemento di spicco dello stesso film risulta incontestabilmente la presenza-prestanza del compianto attore statunitense Philip Seymour Hoffman (morto suicida pochi mesi fa) qui nel ruolo determinante dello stropicciato, debordante detective Gunther Bachmann, intrigato in una sordida, rischiosa storia dislocata nella tetra, fuligginosa Amburgo e risolta nel finale in una vorticosa giostra gangsteristica berlinese.

E’ questa medesima vicenda che si dipana, con calibrato e attraente ritmo, tra contrapposti scatti drammatici ove centrali spionistiche (la CIA, il servizio segreto britannico e quello tedesco) sono mobilitati, in generale, a contrastare senza esclusione di colpi il crescente pericolo delle frange terroristiche islamiche e, in particolare, a neutralizzare, di volta in volta, agenti, militanti della causa palestinese infiltrati insidiosamente nel colmo della società tedesca. La nebbiosa vicenda prende avvio, per l’esattezza, dall’avventuroso approdo, appunto ad Amburgo, di un malmesso, sprovveduto esule ceceno, Yssa Karpov che, sorprendentemente aiutato da una volonterosa giovane avvocatessa tedesca, Annabel e da un ambiguo banchiere amburghese, Tommy (Willem Dafoe), viene via via risucchiato in una trama cruenta di colpi di mano e rovesciamenti di fronte tesi a scardinare i tentativi terroristici e insieme ad incastrare un leader arabo in procinto di impossessarsi di una grossa somma di denaro a suo tempo procurata misteriosamente dall’esule Yssa, strumentalmente impiegato come propiziatore del malloppo conteso.

Arbitro e paradossalmente vittima dell’imbrogliato maneggio è, per il bene e per il male, l’ingombrante, roccioso Gunther che, alle insidie di tanti e tali spioni, contrappone una sua originale idea delle cose e del mondo non scevra di una sua sostanziale moralità destinata, a conti fatti, a sublimarsi in una sicura sconfitta delle migliori intenzioni e alla amarissima constatazione che anche l’intento più onesto – tra i traffici spionistici – si risolve alla fine in un violento soprassalto criminale.

C’è in questo percorso azzardato un riverbero angoscioso di ciò che ogni personaggio, qualsiasi vicenda evocati nella Spia rivela, in fondo, la tragedia di una situazione di uno stato, di una dinamica in perenne movimento verso obiettivi, finalità tutti rovinosi. E l’asserzione retorica reiteratamente messa in campo che le soperchierie, la violenza usate dai servizi segreti contribuiscono a consolidare “la sicurezza del mondo” si dimostra proprio l’esatto contrario, cioè di una realtà dei fatti recisamente abietta. La falsa e vera vita, forse convivono inseparabili, ineluttabili, ma è nell’ordine naturale delle cose non abdicare neanche di fronte a simili débâcle. Philip Seymour Hoffman, qui in una delle sue potenti caratterizzazioni, dà dimostrazione ulteriore di una inarrivabile bravura nel disegnare un personaggio plurimo, intimamente contraddittorio come il tormentato Gunther Bachmann. Per l’occasione, peraltro, non gli sono da meno l’equivoco Tommy incarnato da un sempre misurato Willem Dafoe e l’adeguata compagnia di eleganti comprimari. La spia nell’insieme non è un film troppo nuovo, ma in compenso dimostra la mano sicura del regista Corbijn nel maneggiare una materia narrativa infida, sfuggente, anche se doppiezza, ambiguità, sospetto sono parte integrante – si direbbe – persino della contingente, più immediata quotidianità.

Author: admin

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