Giorgio AIRAUDO*- Resistenze. Buon 25 ottobre

RESISTENZE: BUON 25 OTTOBRE*

copertinaxtuttiAl ‘ rac­conto’, alla narrazione storica -e all’uso ven­ten­nale che le cul­ture della desta neo­li­be­ri­sta hanno fatto del con­flitto tra lavo­ra­tori garan­titi, gli adulti, e lavo­ra­tori non garan­titi, i gio­vani- la reto­rica ren­ziana ha aggiunto, den­tro la fero­cia della crisi eco­no­mica, un nuovo capi­tolo che si distin­gue per effi­cienza, com­plice «il voi dove era­vate» e le scelte non fatte dalla poli­tica. Il governo sta rea­liz­zando poli­ti­che con­tro il lavoro che non sono la sem­plice pro­se­cu­zione del neo­li­be­ri­smo nell’austerità, per­ché pro­du­cono ancor più di prima divi­sione, mischiando in appa­renza le carte tra poli­ti­che di «destra e sinistra».

Per divi­dere il governo mette insieme gli 80 euro risar­ci­tori, ma non per tutti e soprat­tutto non per i più deboli e i più col­piti nella crisi, gli inca­pienti, i pen­sio­nati al minimo, le par­tite IVA, spesso più subor­di­nate dei lavo­ra­tori subor­di­nati; adotta il decreto Poletti sui con­tratti a ter­mine, la vera riforma del mer­cato del lavoro, che pur di far alzare (gasandole) le sta­ti­sti­che sull’occupazione, aumenta la pre­ca­rietà reale, lasciando su uno sfondo vago e lon­tano nel tempo, affi­dato alla legge delega, il con­tratto a tutele pro­gres­sive che dovrebbe sosti­tuire, forse e solo dopo spe­ri­men­ta­zioni, una parte di non si sa quali delle attuali mol­te­plici forme di con­tratti di lavoro; dichiara con pre­sun­zione di voler esten­dere in maniera uni­ver­sale gli ammor­tiz­za­tori sociali, ma con le risorse stan­ziate riu­scirà a farlo solo per i col­la­bo­ra­tori a pro­getto, e forse nean­che tutti, lasciando fuori le par­tite Iva e tutte le altre forme di lavoro pre­ca­rio e deter­mi­nando una guerra tra poveri visto che le risorse deri­vano dalla cassa in deroga, per la quale ad oggi sono stan­ziati solo 400 milioni di euro, men­tre i sin­da­cati sti­mano che ser­vi­reb­bero almeno 1,7 miliardi di euro per evi­tare ulte­riori licenziamenti.

La vel­leità dei pro­po­siti del governo è rive­lata dal fatto che con­ti­nua a pra­ti­care l’idea che lo Stato si occupi dei nostri con­cit­ta­dini disoc­cu­pati a costi inva­riati. Inol­tre il taglio dell’Irap agirà su un sistema d’imprese che media­mente ha un terzo di capa­cità pro­dut­tiva inu­ti­liz­zato ed un taglio, senza con­di­zioni e vin­coli, che deter­mi­nerà il para­dosso per cui, ad esem­pio, a Terni la mul­ti­na­zio­nale Thys­sen potrà rice­vere dei cospi­cui bene­fici, senza che que­sto fermi i 550 licen­zia­menti avviati, lasciando ai lavo­ra­tori che da ieri scio­pe­rano ad oltranza il com­pito di difen­dere il loro lavoro nel nostro paese.   E, dul­cis in fundo, la defi­ni­tiva sostan­ziale can­cel­la­zione del rein­te­gro con l’abolizione dell’articolo 18 riven­di­cata dal pre­mier, in diretta tele­vi­siva, come fine di ogni alibi agli inve­sti­menti e alle assun­zioni per gli impren­di­tori, ma espressa in una delega troppo ampia e for­te­mente indi­ziata di inco­sti­tu­zio­na­lità, nella sua inten­zione di togliere dignità e valore al lavoro.

Il governo divide il lavoro e i lavo­ra­tori, si occupa dei più forti, svuota e can­cella diritti. Riduce le tasse ai più forti tra le imprese e aumenta le tasse con i 6 miliardi di tagli a regioni e comuni ai più deboli cit­ta­dini e pic­cole imprese. E allora tocca alla piazza della Cgil e della Fiom, sabato 25 Otto­bre a Roma, riu­nire e ricom­porre i sog­getti e le sog­get­ti­vità del lavoro, rom­pendo le soli­tu­dini, rico­struendo soli­da­rietà, ridando voce diretta a tutti i lavori e a tutti i lavoratori.   Riu­ni­fi­cando le lotte delle tante fab­bri­che e dei luo­ghi di lavoro, a par­tire dalla side­rur­gia, che respin­gono le chiu­sure, che difen­dendo i posti di lavoro e il Paese: dall’Ast di Terni, alla Nokia di Milano, dall’Agnesi di Impe­ria a Ter­mini Ime­rese e alle molte altre aziende che avreb­bero biso­gno di essere con­si­de­rate emer­genza nazio­nale ed inte­res­sate dall’azione diretta della Pre­si­denza del Consiglio.   È il ritorno di un movi­mento di lavo­ra­trici e di lavo­ra­tori che non si fer­merà ad una mani­fe­sta­zione di testi­mo­nianza, che può cre­scere in uno scio­pero gene­rale e che già oggi è riu­scito a rea­liz­zare molti scio­peri, spesso anche uni­tari, e altri ne ha in pre­pa­ra­zione per chie­dere un radi­cale cam­bia­mento delle poli­ti­che del Governo.

Cam­bia­mento che parta dal supe­ra­mento dei vin­coli di bilan­cio e dalla messa in discus­sione del Fiscal com­pact, che passi dal taglio delle spese mili­tari e da una patri­mo­niale, che arrivi a met­tere insieme risorse pub­bli­che per un piano del lavoro. Un New Deal che fac­cia “guerra” alla povertà e alla disoc­cu­pa­zione, che non sia affi­dato alla carità com­pas­sio­ne­vole e ad un mer­cato che dà per ine­lut­ta­bili la dise­gua­glianza e la per­dita di cit­ta­di­nanza e dignità reali di una parte con­si­de­re­vole di Ita­liani. In que­sta bat­ta­glia, in que­sto cro­giolo la sini­stra può tro­vare signi­fi­cato, ma soprat­tutto può essere utile e incon­trare per­sone in carne ed ossa, uomini e donne, gio­vani e anziani, che oggi non hanno rap­pre­sen­tanza, ma ‘hanno ragioni’ e pos­sono tro­vare forza di lotta.  Tutto ciò è a por­tata di mano, alla con­di­zione che si metta in campo una cre­di­bi­lità costruita su com­por­ta­menti coe­renti e sulla con­ti­nuità, a par­tire dal fatto che ciò che cam­mina nelle piazze deve cam­mi­nare anche nelle aule e nei voti in parlamento. (*ilmanifesto)

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