Domenico TRISCHITTA- il nostro “Mare nostrun” (incontro con M.Pirrotta e W. Manfrè)

 

Conversando con


 

MASSIMILIANO PERROTTA E WALTER MANFRE’

Il nostro “mare nostrum”

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L’auditorium di Mineo è il punto d’approdo ideale del Mediterraneo, dove culture diverse interagiscono e fraternizzano. Era questa l’aria che si respirava assistendo alle prove dello spettacolo “Mare nostrum”, novità assoluta di Massimiliano Perrotta (andrà in scena l’10 luglio a Mineo e l’11 luglio a Caltagirone), che rinnova con il regista Walter Manfrè (nella foto) un sodalizio iniziato l’anno scorso con i “Meneni”, epopea onirica del popolo di Mineo, affascinante percorso affabulatorio tra i vicoli del paese. Cinque attori professionisti, Orazio Alba, Gisella Calì, Giuseppe Carbone, Gianni Pellegrino e Roberto Pensa, accompagnati dal musicista Carlo Muratori. Costumi di Giovanna Giorgianni. Ad affiancarli alcuni migranti del CARA.

Si arriva con coraggio al nocciolo della questione, fare del Teatro del Mediterraneo, diretto da Perrotta, il punto di riferimento e di scambio tra i popoli. Donne, uomini e bambini africani che si fanno coinvolgere in un progetto teatrale che è il primo passo importante e decisivo dell’accoglienza, della fratellanza. Così Mineo, cuore arcaico della Sicilia, diventa l’unico sbocco simbolico verso il mare, il crocevia di razze che altrimenti non entrerebbero in relazione. Noi abbiamo incontrato Perrotta e Manfrè e con loro abbiamo parlato di “Mare nostrum”.

D: Perrotta, come e perché nasce lo spettacolo “Mare nostrum”?

Perrotta: “Mare nostrum” nasce dal desiderio di provare a raccontare l’anima del Mediterraneo. Dopo la prima esperienza con i “Meneni”, che ha visto per la prima volta il coinvolgimento degli immigrati del CARA, adesso c’era l’esigenza di capire meglio le origini di questa genta. Così ad aprile mi sono recato al centro e ho raccolto varie testimonianze, molti di loro si sono prestati a rivivere storie personali nei loro paesi d’origine. Io ho fatto il resto, aggiungendo a questi cunti la mia fantasia.

D: Manfrè, lei con quale spirito ha accolto questa nuova regia teatrale?

Manfrè: Io sto provando maggiore entusiasmo rispetto all’anno scorso, perché già ero rimasto abbastanza soddisfatto dai “Meneni”. Allo stesso tempo l’idea di portare sulla scena il mondo di questa gente mi intrigava molto, unire varie etnie del Mediterraneo e scoprire le molte affinità che hanno con noi.

D: Cosa si prova ad interagire e a lavorare con queste persone, attenti e curiosi spettatori, che diventano per incanto attori sulla scena?

Perrotta: Da un lato esiste l’emozione di vedere crollare tutti quei pregiudizi, tipici del mondo occidentale. Mettere in pratica il dialogo, i rapporti umani, non ha prezzo. A volte ci sembrano riservati, chiusi, poi d’improvviso si illuminano e decidono di partecipare a quel grande gioco che è il teatro. Allora vedi la loro passione, la loro autentiticità, e così inizia lo scambio. L’anno scorso, durante le preparazione de “ I Meneni” i ragazzi spesso ci chiedevano la traduzione dei testi, dei dialoghi, tanta era stata la loro passione nel recitare. Si instaura un rapporto di emozioni e di conoscenza, nonostante le prime diffidenze.

D: Manfrè, questa volta ha cambiato scelta stilistica rispetto all’allestimento de “I Meneni”?

Manfrè: Quel lavoro precedente era un lavoro onirico, anche se gli ho dato volutamente un taglio realistico  per il fascino di renderlo itinerante tra i vicoli di Mineo. “Mare nostrum” mi riporta a dei fotogrammi tragici, corpi inermi chiusi dentro plastiche nere, ed è per questo motivo che ho cercato di privilegiare l’identità di questa gente, attraverso il testo di Perrotta vorrei restituire loro la dignità che meritano. Giovani uomini soli, mamme con bambini, che hanno bisogno di ritrovare la serenità per dimenticare il dolore e sentirsi finalmente accolti. In questo momento vivono il Ramadan e nonostante tutto vengono a seguire le prove e a mettersi a mia disposizione. E capisci dalla loro disponibilità che provano entusiasmo.

D: L’anno scorso i “Meneni”, adesso “Mare nostrum”. Quali sono i progetti futuri del Teatro del Mediterraneo?

Perrotta: Come direttore artistico vorrei che le tappe di questo percorso non fossero episodiche. Speriamo di approfondire queste tematiche e ci soffermeremo sull’identità siciliana, continuando, attraverso lo scambio, la conoscenza di questi popoli.

D: Manfrè, lei pubblicherà in autunno un saggio inedito di Ugo Ronfani, che parla del suo teatro della persona, e chiaramente anche del suo spettacolo rivoluzionario “La confessione”. Ce ne vuole parlare?

Manfrè: A proposito di questo vorrei aggiungere che mi piacerebbe un giorno raccogliere tutti questi monologhi e pubblicarli con un titolo emblematico, “Antologia del peccato mondiale”. Intanto sono contento che attraverso questo libro e l’analisi critica di Ronfani si possa divulgare l’dea che io ho del teatro.

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