Francesco NICOLOSI FAZIO- Homo in-sapiens (“Foemina ridens” di G. Fava. Stabile Catania)


Teatro   La sera della prima



HOMO IN-SAPIENS

 

Formina Ridens Di Giuseppe Fava  Regia Giovanni Anfuso.  Con Guia Jelo e Miko Magistro.  Musiche originali Mario Incudine.   Produzione Teatro Stabile di Catania – Al Teatro Musco

 

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Sul giornale più diffuso (di Catania), al primo  anniversario dell’uccisione di Pippo Fava, comparve una foto del grande giornalista su un gommone, ripreso in compagnia di un altro giornalista e di due straniere. Un modo per sminuire la grande sensibilità di Fava per l’universo femminile, tipico dei grandi artisti. Pochi giorni fa ricordavamo Truffaut. Nessuno si arrischierebbe di pubblicare una foto dello scomparso regista francese in compagnia di belle donne. La colpa è del provincialismo di questa città, che deve demolire con ogni mezzo chi emerge, nel bene. Stranamente e per fortuna il teatro, per sua natura provvisorio, riesce invece a consolidare la grande figura di Pippo, che ingigantisce nel tempo, soprattutto come simbolo di legalità, ma anche (soprattutto) come artista e uomo di vasta cultura (umanista)

Lo Stabile inserisce coerentemente, nel  percorso “al  femminile” di questo tratto di stagione, l’attualissima opera di Fava, sorretta da due colonne del teatro catanese. La trama: Pupa, ragazza povera e sfortunata, dopo una precoce maternità incontra Orlando (Rinaldo?), “artista” girovago, che fa del travestitismo la sua maggiore attività, anche illegale. Pupa si riduce a prostituirsi, mantenendo uno scostante lunghissimo rapporto, di amore/odio, tragedia/commedia, con Orlando. Come tanti menage, anche in ambiti borghesi, la relazione non si esaurisce, né si evolve. Lasciando un insanabile finale, comunque aperto.

La misera condizione dei protagonisti consente all’autore di mostrare “al nudo” tutta una serie di conflitti e compromessi che sono alla base del complesso rapporto uomo/donna, ad ogni latitudine, anche sociale ed economica, realizzando “una preziosa opera buffa, nella quale il comico, cioè il profondamente umano, prevale sul drammatico” (Fava). La lotta per la sigaretta strappata da Orlando dal seno di Pupa, non è poi così dissimile dalle beghe giudiziarie per separazioni con “alimenti” che raggiungono anche cifre a sei zeri.

Straordinaria la capacità di giudizio equilibrato sulla guerra dei sessi a cui il Nostro assiste da “neutrale” spettatore. Letteralmente “emblematica” la scena della statua, realizzata con evidenti richiami, totemici, moraviani (“Io e lui”) ed egizi, sintetizzati dalla presenza dell’enorme “convitato di pietra” con raffigurazione univocamente falloide. Forse anche Freud- fosse stato in sala- avrebbe appreso qualche aspetto a lui ignoto di questa particolare angolazione dell’elemento che unisce e separa l’uomo dalla donna.

Perfetti gli attori, immersi nella coinvolgente musica di Incudine,  che rendono credibile l’assurdità della vicenda, ricondotti per mano di regia nel mondo onirico e tracimante di Fellini, Strheler (Madre coraggio) e della letteratura picaresca. Questi riferimenti sono dovuti.  Il grande risultato dello spettacolo è quello di aprire col bisturi profonde ferite per cercare di rimarginare i rapporti tra uomo e donna, altrimenti sempre in balia di una guerra senza vincitori, ma con tanti vinti. In questo raggiungiamo la parità dei sessi: spesso siamo ugualmente imbecilli. Per nulla sapienti.

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