Francesco NICOLOSI FAZIO – O la mafia o la vita (allo Stabile di Catania, adattamento dell’opera di P. Grasso)
Teatro civile
O LA MAFIA O LA VITA
“Per non morire di mafia” Di Pietro Grasso Versione scenica: Nicola Fano Adattamento drammaturgico: Margherita Rubino. Regia: Alessio Pizzech Con: Sebastiano Lo Monaco.
Produzione Sicilia Teatro – Allo Stabile di Catania, Teatro Verga
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Alcuni anni fa il past-direktor di PrimaFila (di cui questo giornale raccoglie il testimone, ogni giorno) Nuccio Messina, essendo alla guida dell’INDA, denunziò le ingerenze mafiose nella struttura, ne seguì un processo ed un nuovo corso dell’Istituto. La mafia nel teatro sconfitta da chi crede nel teatro. Il rinnovamento della istituzione portò alle migliori stagioni recenti; tra gli artisti che furono artefici di queste nuove pagine troviamo Sebastiano Lo Monaco. Lo ricordiamo anche in un Eracle trascinante.
Pietro Grasso è la seconda carica dello Stato, raramente i politici gradiscono la cultura (a volte non la tollerano) ma il presidente del Senato è un politico molto atipico e magari non pensava di scrivere qualcosa che potesse andare così bene anche per il teatro. Non siamo certo al caso (splendidamente) limite di Havel, che da scrittore e drammaturgo divenne il primo presidente della Cecoslovacchia libera (governò anche la incruenta secessione della Slovacchia), ma il segnale è molto positivo.
Giunge a Catania lo spettacolo tratto dal libro autobiografico di Pietro Grasso. Nei saluti di fine serata Lo Monaco ci ragguagliava sul successo dello spettacolo a Trieste (migliaia di spettatori) che non si è ancora ripetuto a Catania. Alla prima, si sono notati preoccupanti posti vuoti e bilgietti per le personalità lasciati al botteghino. Molti hanno preferito le partite europee di coppa. Altri hanno preferito altro, convinti che, in certi casi, gli assenti hanno sempre ragione.
Lo spettacolo riesce a condensare in poco più di un’ora l’intera vicenda umana dell’autore, che semplicemente racconta la sua vita. Sin da piccolo, giocando a nascondino, cercava sempre di essere l’ultimo da scoprire, per poter lanciare il suo grido dirompente: “Liberi tutti!” Da ragazzo già sapeva di voler fare il giudice, laureato a 21 anni a 22 vinceva il concorso a magistrato. Dopo i necessari passaggi rituali, da uditore a pretore, la grande occasione lo raggiunge nel “maxi-processo” dove fu giudice a latere. Dopo è tutto scritto, tra cronaca e storia. In particolare la storia della lotta alla mafia, che lo ha visto accanto ad eroi del calibro di Caponnetto, Falcone e Borsellino. Per inciso, un grande uomo di teatro come Brecht ci ammoniva: “Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi”.
La messa in scena si regge soltanto su Lo Monaco, che contestualmente assolve, con l’ausilio della lavagna, il ruolo di narratore ed interprete, a volte si sfocia nell’attività didattica, anche quando (giustamente) rimprovera una spettatrice che illuminava parte della platea con il suo lunare telefono, rischiando l’espulsione. Il grande mestiere del nostro consente di reggere perfettamente lo spettacolo che, grazie alle sue capacità mimetiche, converge lietamente verso il teatro di denuncia. Forse riempiendo uno spazio lasciato libero dall’altrettanto bravo Marco Paolini. Nella rappresentare il lutto dell’autore per le morti di Falcone e Borsellino, Sebastiano riecheggia, con cruda espressività, la disperazione atavica dell’Eracle della tragedia antica. Ricordiamo uno splendido Lo Monaco che reinventa l’ultimo Pirandello di “Non si sa come”. Il finale si illumina con la lavagna ribaltata verso noi, che restiamo immobili nel retro dello specchio, che ci racchiude.
Il messaggio forse suona così: basterebbe guardare e “riflettere”. Chi non è venuto è rimasto come Alice, nell’altro specchio, in un mondo irreale che forse si illude che “la mafia non esiste” o peggio che “la mafia non c’è più”. Unica speranza è che, come ci ricorda Pietro Grasso, se ne parli ancora e sempre, perché si possa sviluppare una cultura che sconfigga la violenza, una cultura che è vita, mentre la mafia è morte, soprattutto morte civile.