Sauro BORELLI- La politica e la memoria (“Quando c’era Berlinguer”, un film di Walter Veltroni)



Il mestiere del critico


 

LA POLITICA E LA MEMORIA

 

“Quando c’era Berlinguer”, un film di Walter Veltroni

 

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Un uomo, un film, la memoria: c’è tutto nella prima prova registica di Walter Veltroni, Quando c’era Berlinguer, lungometraggio “di montaggio” in cui è assemblata in una articolazione di documenti, registrazioni, ricordi, dichiarazioni, testimonianze, la ”breve vita” travagliata, prodigamente spesa e immaturamente spenta di Enrico Berlinguer, a suo tempo segretario del Partito Comunista Italiano, che negli anni tra il 1972 e la sua scomparsa, nel 1984, incarnò la più generosa stagione politica della maggiore forza di sinistra in Italia.

L’intento originario di Walter Veltroni si avverte, fin dalle prime immagini, non è tanto dettato da un pur lecito slancio nostalgico – poiché lo stesso cineasta ha vissuto da vicino le esperienze politiche della sinistra italiana: tanto da impersonare ruoli significativi nel PCI e in seguito quale primo segretario del Partito Democratico, oltre a rivestire cariche governative importanti in diverse occasioni – quanto dalla volontà precisa di strutturare, anche con appassionata, partecipe dedizione, la memoria storica (nonché esistenziale, privatissima) dell’avventura umana e dell’inesorabile, prematura fine di Enrico Berlinguer.

L’impianto documentario di Quando c’era Berlinguer è, all’apparenza, a “canone aperto” facendo ricorso a racconti, a dettagli, eventi, scadenze epocali precisi, ma poi tirando le fila di un’idea univoca che impronta di sé l’intiera progressione narrativa. Destano un po’ sgradevole sensazione, ad esempio, quell’incipit dislocato nello spazio desolato di piazza San Giovanni, a Roma, spazzato dal vento e dai fogli dell’Unità, dopo l’enorme folla dei funerali di Berlinguer (nel giugno dell’84); come anche quelle risposte svagate, pazzamente fuorvianti di studenti sprovveduti sulla scomparsa dello stesso Berlinguer. Ma, presto l’intrusione di commenti, testimonianze di autorevoli personalità (Bianca Berlinguer, Macaluso, Tortorella, Napolitano) e di intellettuali, giornalisti di chiara fama (citiamo per tutti il sempre lucido, efficace Eugenio Scalfari) infittiscono le immagini di pertinenti informazioni e di interventi puntuali sugli infiniti percorsi che la parabola politica di Berlinguer ha incrociato sia nella sua faticata avventura politica, sia nella sua contingente vita privata (la famiglia, i figli, le rincuoranti vacanze a Stintino, a Sassari).

C’è nel susseguirsi cronologico di fatti e vicende che chiamano in causa, in questo Quando c’era Berlinguer, l’universo mondo – il progettato “compromesso storico” nel 1976 e il conseguente distacco dall’URSS,  il fallito tentativo di alleanza col governo Moro, ecc. – la trasparente traccia di una logorante ricerca di nuove vie, nuovi sbocchi per la strategia del PCI e, ancor più, per un risanamento morale, civile dell’intiera realtà italiana. Tutti obiettivi assolutamente necessari destinati, peraltro, per la congenita cristallizzazione della deriva conservatrice del nostro Paese, a naufragare in sconsolate delusioni. Ma Berlinguer, come il film di Veltroni documenta esemplarmente, non arretra. Anzi, benché all’interno del PCI, si agitino posizioni e contrasti pregiudizievoli – in questo senso Tortorella è testimone probante –, Berlinguer profonde e amplia i suoi sforzi, il suo indefesso lavoro per affrontare, risolvere anche le emergenze più ostiche.

Ne fanno fede alcune attestazioni tra l’affetto e l’ammirazione di personaggi prestigiosi delle pur tribolate vicissitudini della storia italiana. C’è, prima di tutti, Veltroni medesimo che ricorda con devozione: “Enrico era un uomo timido, riservato, competente. Mutò radicalmente la posizione del PCI nei confronti dell’URSS, dei blocchi militari, dell’Europa”. Più informale, addirittura poetico l’omaggio di Roberto Benigni (autore della memorabile alzata sulle braccia di un divertito Berlinguer) che così suona: “Il dono breve e discreto che il cielo aveva dato a Berlinguer era di unire parole ad uomini, ora la sua voce è spenta e se è vero, come dice il poeta, che la vita si spegne in un falò di astri in amore, in questi giorni è bruciato il firmamento”. Non a caso, Benigni stesso, nel picaresco film di Giuseppe Bertolucci  Berlinguer ti voglio bene favoleggiava di un Enrico che, in un giorno fatidico e rivoluzionario, compariva inopinatamente sul video e pronunciava una sola, risolutiva parola “Via!”.

In definitiva, Quando c’era Berlinguer viene a consolidarsi sullo schermo come l’epitome di tutti i sentimenti, le emozioni trascinanti che la vita e la morte di Berlinguer hanno suscitato, tra i comunisti e più in generale tra coloro che lo stimavano e ne subivano il naturale fascino, specie allorché in un giorno indimenticabile, a Roma, migliaia e migliaia di persone resero omaggio a tanto uomo e a tale leader. Eloquenti a questo proposito, le parole di Eugenio Scalfari sui momenti del funerale di Berlinguer: “Sandro Pertini piangeva quando il feretro con le sue spoglie sbarcò all’aeroporto di Ciampino… ricordo quel che mi disse: ‘Se n’è andato l’ultimo grande della sinistra. Senza di lui questo Paese riscoprirà i suoi vizi e le sue debolezze…’”. Più tenero, intensamente commosso il congedo al padre della figlia Bianca: “Ero andata all’aeroporto con lui: io diretta a casa, in Sardegna. Lui, verso una serie di comizi in Liguria, in Veneto… Non l’ho più visto… Vivo”.

Giusto per quanto finora detto particolarmente essenziale risulta riandare alle vicende di Berlinguer, poiché proprio nel film di Veltroni, addirittura Marcello Mastroianni compare per avanzare questa sintomatica perorazione: “La memoria va alimentata… persino in un film di fantascienza, per esempio in Blade Runner, il replicante soffre in una maniera struggente perché, appunto, quale replicante non ha un passato. Quindi non ha una memoria. Dice un canto indiano: ‘Tutto quello che hai visto ricordalo, perché tutto quello che dimentichi ritorna a volare nel vento’”. In questo senso il veltroniano Quando c’era Berlinguer costituisce senz’altro un vademecum prezioso, ineludibile.

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