Sauro BORELLI- Sesso, bugiee happy end (“Don Jon”; un film di J.Gordin-Levitt)

 

 

 

Il mestiere del critico

 


SESSO, BUGIE E HAPPY END

L’opera prima  di Jason Gordon-Levitt “Don Jon”

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Jason Gordon-Levitt, oltreché attore di qualche talento, è ora anche regista di lungometraggi, avendo esordito con l’opera prima Don Jon, una sorta di commedia a metà trasgressiva, a metà sentimentale incentrata sulle vicende personali di un tale Jon (poi soprannominato Don, in omaggio alle sue imprese pecorecce di rude Don Giovanni), giovanotto italo-americano, debitamente cattolico, pastasciuttaro, attrezzato di adeguata famiglia – papà in canottiera, fanatico dello sport, parolacciaro; mamma tutta cucina e chioccia dei figli; e, appunto, figli mammoni ed egoisti – fino a disegnare il quadro di uno scorcio americano e sottoproletario insulso e avulso da qualsiasi contagio culturale: tutti i componenti di tale congrega sono così e basta, volgari e intolleranti, irrecuperabili insomma.

Almeno questo ci è parso, al primo approccio, Don Jon che, benché (come si diceva) definito una commedia, palesa ad una osservazione più attenta un attacco più resoluto a molteplici e tutti negativi aspetti della fisionomia sociologica dei personaggi e del plot presi a pretesto narrativo. In primis, c’è quella specie di raffigurazione dell’”interno” italo-americano parodistico fino all’assurdo (in casa si mangia, si straparla, ci si atteggia alle più volgari consuetudini), secondariamente, si pratica la religione quale espediente manifesto per glissare, risolvere con convenzionali preghiere le malefatte, i vizi ricorrenti; e, ultimo ma non ultimo, si pensano, si tengono in conto di donne da poco le ragazze giusto in rapporto se, come si usa dire in cerchie non proprio sofisticate, “la danno” con facilità; o, al contrario, si considerano compagne da sposare se sufficientemente conformiste e opportuniste.

Resta poi da dire, ancora, del protagonista, questo Don Jon che del classico Don Giovanni non ha nemmeno la più vaga parvenza. Si presenta, infatti, secondo l’italian style nella canottiera d’ordinanza, i capelli rigorosamente corti e intrisi di brillantina, e un porgere colloquiale degno di uno squallido villano. Per giunta, si chiama Jon Martello e di questo arnese ha intrinseca la violenza, la brutalità potenziali. Il suo metodo esistenziale si basa, soprattutto, nell’accattare amorazzi temporanei con qualsiasi ragazza che incontra, ma la sua vera passione sono le ore passate davanti al videoregistratore guardando film pornografici e, al contempo, masturbarsi compulsivamente. Don Jon, infatti, non desidera né pensa ad alcunché che possa sembrare un rapporto maturo d’amore, ma meccanicamente, desolatamente si appaga di pratiche alienanti del sesso virtuale. Una miseria, insomma.

Dette queste imprese, reiterate dallo stolido Jon in maniera seriale, sopravviene, impreveduta, la conoscenza con una volitiva (ma altrettanto conformista) ragazza cosiddetta perbene (con misura) che vorrebbe indurre il “maschio italiano” ad assoggettarsi ad un tran-tran famigliare più normale e sostanzialmente succubo. La trama sembrerebbe funzionare per un po’, ma presto i rapporti tra i due si guastano irrimediabilmente. A questo punto si verifica l’incontro di Jon con un’accorata e pur sorridente signora conosciuta per caso sui banchi dell’università. Un incontro, certo, provvido, poiché questa stessa signora suggerisce all’ex bruto idee e comportamenti altri dalle consuetudini tanto sessuali quanto sentimentali semplicemente facendogli constatare quanto e come la solidarietà, la comprensione per le ragioni degli altri – e in ispecie delle donne –, anche particolarmente sofferenti e soli, possano redimere dalla più abietta condizione.

Un lieto fine, si dirà perlomeno edificante, ma non del tutto immotivato. Quel che resta di ostico, di scostante in questo pur personalissimo esordio di Joseph Gordon-Levitt nella regia ci sembra si possa individuare nella prolungata rappresentazione della parte enunciativa della storia, anche se la buona prova degli interpreti, specie da parte di Scarlett Johansson e Julianne Moore, danno consistente spessore a tutta la disamina a favore di un civismo comportamentale logico, necessario.

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