Franco GIORDANO* – A sinistra. Servono unità e voglia di cambiamento

 

 

A sinistra*

 

SERVONO UNITA’ E VOGLIA DI CAMBIAMENTO

Appunti  contro il bluff delle ‘larghe intesse’- L’Italia come bene comune

 

E così, di rinvio in rinvio, di palliativo in palliativo, di scandalo in scandalo, il governo delle larghe intese sembra nei comportamenti concreti rispolverare i fasti di certi governi della prima repubblica. Ma, a differenza di allora, oggi la crisi miete vittime annunciate tra giovani, precari, lavoratori e pensionati. Quella del ’29, paradossalmente, durò meno e si risolse con due risposte tra loro opposte: la tragedia del nazismo e della guerra da un lato e la realizzazione del welfare state dall’altro.
Oggi, dopo qualche mese d’illusione dovuta alla straordinaria iniezione di liquidità finanziaria degli Usa e del Giappone di cui ci siamo giovati anche in Europa ed in Italia, la risacca della fine di questi interventi ci sta nuovamente mettendo in gravissima difficoltà. Rigore ed austerità, l’alfa e l’omega delle politiche di questa Europa, stanno stremando il nostro paese e accentuando le disparità sociali e territoriali nel vecchio continente (lo afferma persino il Fmi).
Francamentesono risibili l’ottimismo e la propaganda di Letta. Il bilancio della Ue passa da 1.030 a 960 miliardi, il minimo dell’Europa a 27. Si taglia su ricerca, innovazione e lotta alla povertà.

E la Bei (sotto la guida del liberale tedesco Hoyer) evita ogni finanziamento a progetti di paesi con un alto debito inseguendo logiche finanziarie che sorreggono la politica tedesca. Dello stralcio sugli investimenti dal computo del debito non vi è traccia.
La crisi tocca il capitalismo contemporaneo rimettendo in discussione sistemi politici, orientamenti culturali e stili di vita. La politica è in crisi per la sua irrilevanza. Negli ultimi anni, nel nostro paese, il bisogno di rinnovamento è stato intenso. A segnalarlo ci sono i tracciati di un sismografo impazzito. Persino Monti è apparso come un’alternativa tecnica salvifica a fronte della dèbacle della politica e il suo progetto di governo continua a vivere. Ma il consenso è effimero e transitorio. Dura pochi mesi e s’incarna in altre temporanee meteore.

Lo stesso M5S, venuto meno al passaggio cruciale del governo del cambiamento, paga oggi la sua inefficacia e la gestione privatistica e autoritaria del suo leader. Questo movimento ha assorbito gran parte dei conflitti sociali neutralizzandoli e producendo, in una sorta di eterogenesi dei fini, una stabilizzazione politica. C’è bisogno di un rinnovamento che sia fondato su un’ipotesi di alternativa di società. Non etereo e disincarnato. C’è bisogno di una sinistra nuova, larga, unitaria, europea.
Nonostante la delusione, la disaffezione ed una astensione patologica, il popolo del centro sinistra in questa tornata elettorale amministrativa si è dimostrato comunque reattivo e disponibile al cambiamento. Ma questo governo e il dibattito congressuale del Pd possono distruggere le residue speranze. Non emerge, purtroppo, una prospettiva all’altezza della sfida della crisi. Tutti schivano il nesso tra questo disperante governo sorretto da un sempre più impresentabile Berlusconi e la prospettiva.

Massimiliano Smeriglio ha proposto una stagione congressuale di Pd e Sel in contemporanea. A me è parsa un’idea tatticamente e strategicamente giusta. E non ne comprendo le critiche. Se la fonte di legittimazione, il popolo del centro sinistra, è comune, sarebbe interessante tenere nella discussione una piattaforma di contenuti chiari, visto che finora non è emersa, in grado di imprimere un’accelerazione alla nascita di una nuova sinistra.
Bisognerebbe rifuggire da due complementari tentazioni presenti nel dibattito: un adattamento acritico e silente al marasma del Pd e l’antico richiamo identitario di una formazione che assembla forze alternative al Pd medesimo nell’illusione di uno spazio politico ripetutamente negato da tutte le più recenti tornate elettorali. Entrambe le opzioni non mettono in campo la propria soggettività che, al contrario, deve poter lavorare con più determinazione e visibilità all’ipotesi del governo del cambiamento recuperando relazioni con i movimenti sui beni comuni e le esperienze di conflitto sociale.

La levata di scudi contro questa ipotesi, nel Pd, segnala quante resistenze ci fossero al progetto di Italia Bene Comune fino ad esplodere nell’elezione del Presidente della Repubblica. Se Sel vuole costruire una sinistra più grande e riaprire la partita deve far valere la propria proposta innovativa e far emergere più distintamente l’opposizione a questo governo. Paradossalmente senza questo profilo è impossibile riprendere successivamente una trama unitaria. Una sinistra innovativa sul welfare con il reddito di cittadinanza e una nuova griglia di diritti universali, con una patrimoniale in grado di rovesciare il rapporto tra rendita (mobiliare ed immobiliare) e lavoro. Innovativa sull’occupazione proponendo un rilancio dell’economia mutando il paradigma produttivo in senso ambientale e investendo su ricerca, formazione e beni comuni. Innovativa nel reclamare la fine dell’austerità e nel prospettare politiche alternative in Europa. Una sinistra netta sullo spreco insostenibile economicamente e moralmente degli F35.

Sono decenni che il blocco sociale della sinistra si rinserra in un recinto e non raggiunge la maggioranza. E’ il frutto avvelenato di scelte ripetitive ed interne a vecchie politiche che hanno consegnato al populismo della destra e alla egemonia culturale di un sistema di imprese gran parte del lavoro dipendente privato, delle partite Iva e persino di giovani inoccupati e precari esponendo lo stesso lavoro pubblico all’attacco delle destre. Quella che si prospetta è una vera e propria rivoluzione culturale. Bisogna rimettere in campo un’iniziativa che è sembrata mancare. (*ilmanifesto)

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